Evoluzione normativa

Alla prima normativa emanata nel 1967 riguardante l’accessibilità, ne sono seguite molte altre; ogni legge, decreto o circolare, ha apportato dei cambiamenti e ha dato risposte, più o meno efficaci, al problema delle barriere architettoniche e al bisogno di un migliore livello di inclusione sociale. Con alcune di queste norme l’Italia si è dimostrata uno dei paesi più avanzati in Europa, anche se, purtroppo, non sempre le prescrizioni scritte sono diventate fatti concreti.
Riprendendo il testo della Dottoressa Francesca Pieretti, tracciamo qui una breve, e non esaustiva, evoluzione della normativa nazionale.

 

 

Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 425, del 20 gennaio 1967. “Standards residenziali”
In questa circolare, che riguarda la definizione degli standard nell’edilizia residenziale, riscontriamo il primo approccio all’accessibilità in Italia. Riportiamo i passaggi inerenti alle Barriere architettoniche:

“Nelle norme che seguono si precisano gli aspetti di carattere prevalentemente quantitativo degli standards, sia edilizi che urbanistici, e si accenna, nei casi di più diretto riferimento ai problemi dimensionali, anche a taluni aspetti qualitativi che vanno considerati.”
“Nel rinviare ad altra sede le indicazioni normative inerenti ad altri pur importanti aspetti qualitativi, si ritiene tuttavia indispensabile richiamare fin d'ora l'attenzione sulla esigenza di tener conto, sia nelle progettazioni di natura urbanistica, sia particolarmente in quelle di natura edilizia, del problema delle così dette "barriere architettoniche", e cioè degli ostacoli che incontrano individui fisicamente menomati nel muoversi nell'ambito degli spazi urbani e negli edifici: ostacoli costituiti essenzialmente da elementi altimetrici che si incontrano lungo i percorsi (gradini, risalti, dislivelli, scale, ecc.), ovvero da esiguità di passaggi e ristrettezza di ambienti (strettoie, cabine di ascensori, apertura di porte, ecc.). Allo scopo di eliminare al massimo tali difficoltà, è opportuno che nelle progettazioni si evitino, per quanto possibile, percorsi che presentino siffatti inconvenienti, ovvero siano previsti percorsi appositi, eventualmente in alternativa, che facilitino il movimento degli spastici o delle persone comunque impedite o minorate”.

Questa Circolare Ministeriale risulta particolarmente significativa in quanto riporta il problema delle barriere architettoniche in una normativa tecnica per l’edilizia residenziale e non in quella sanitaria o assistenziale. Un altro aspetto interessante è che si parla di eliminazione delle barriere riferendosi non solo all’architettura ma anche all’urbanistica, estendendo, di fatto, il problema a tutti gli spazi urbani. Il richiamo ad una migliore qualità ambientale, quindi, non riguarda solo una categoria di persone ma l’intera collettività.
Nonostante la validità di queste affermazioni, la Circolare non non fornisce indicazioni tecniche e non prescrive alcuna azione.

 

Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 4809, del 19 giugno 1968. “Norme per assicurare l’utilizzazione degli edifici sociali da parte di minorati fisici e per migliorarne la godibilità generale”

Questo testo è particolarmente importante perché per la prima volta vengono riportate delle prescrizioni tecnico-costruttive volte all’eliminazione delle barriere architettoniche con riferimento ad edifici pubblici e di uso pubblico, sia di nuova costruzione che esistenti (in caso di ristrutturazione). Inoltre questa circolare, riallacciandosi alla precedente (Circolare Min, LL. PP. 425/67), sottolinea come le barriere architettoniche “si presentano sistematicamente sia nelle strutture edilizie, sia nelle relazioni tra queste e le reti di comunicazione, sia nell'arredo urbano e sia nei mezzi di pubblico trasporto” interessando, quindi, non solo l’architettura ma anche la pianificazione urbana.
Le disposizioni interessavano:

  • sistemazioni esterne (parcheggi, percorsi pedonali)
  • struttura edilizia (accessi, piattaforme di distribuzione, rampe, scale, corridoi e passaggi, porte, pavimenti)
  • locali speciali (sale per riunioni o spettacoli, locali di ufficio accessibili al pubblico, locali igienici)
  • impianti ed apparecchiature elettriche (ascensori, impianti telefonici pubblici, apparecchi elettrici di comando e di segnalazione)

L’aspetto più innovativo di questa Circolare è certamente il valore sociale affidato al dato tecnico; l’introduzione, infatti, afferma che “tali norme devono essere considerate anche come un idoneo mezzo atto a favorire il processo di reinserimento del minorato fisico nella società”, e ancora “tendono inoltre a promuovere un processo di sensibilizzazione degli organi interessati e, più largamente, dell'opinione pubblica e conseguentemente determinare un preciso impegno di tutti i settori, la cui attività si svolge in favore dei minorati fisici”.

La modernità di queste norme è riassunto in due passaggi che auspicano una continua ricerca e uno scambio attivo tra progettisti e amministrazione:

“Inoltre quanto contenuto nelle presenti norme, di obbligatorio rispetto per opere ed edifici realizzati a totale o parziale finanziamento dello Stato, non esclude soluzioni più avanzate, ma anzi deve essere inteso come stimolo di ulteriori progettazioni e realizzazioni di mezzi ed accorgimenti di più elevato grado di efficienza e contenuto tecnico”; “Pertanto agli organi preposti al controllo dell'applicazione delle presenti norme competono l'esame e l'approvazione delle eventuali proposte di mezzi ed accorgimenti, anche se realizzati in difformità a quanto di seguito prescritto”.

Purtroppo quasi sempre queste disposizioni, forse troppo libere, sono state disattese, rimanendo solo belle e illusorie parole.

 

Legge n. 118, del 30 marzo 1971. Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5, e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili.

Di fatto si tratta della prima legge italiana che ribadisce la necessità che gli edifici di carattere pubblico siano accessibili a tutti ed introduce il vincolo della rimozione delle barriere anche negli edifici esistenti (si fa riferimento alla Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 4809, del 1968 che viene considerata valida).
Nonostante sia presente una idea forte, e cioè che un ambiente costruito privo di ostacoli favorisca le relazioni e la socialità, la legge riferisce la questione ai soli mutilati e invalidi civili. Il problema principale sarà il DPR che impiegherà ben sette anni per essere emanata, contro il solo anno previsto.

Riportiamo per intero l’articolo 27, che riguarda in modo specifico le barriere architettoniche e i trasporti pubblici:

“Per facilitare la vita di relazione dei mutilati e invalidi civili gli edifici pubblici o aperti al pubblico e le istituzioni scolastiche, prescolastiche o di interesse sociale di nuova edificazione dovranno essere costruiti in conformità alla circolare del Ministero dei lavori pubblici del 19 giugno 1968 riguardante la eliminazione delle barriere architettoniche anche apportando le possibili e conformi varianti agli edifici appaltati o già costruiti all'entrata in vigore della presente legge; i servizi di trasporti pubblici ed in particolare i tram e le metropolitane dovranno essere accessibili agli invalidi non deambulanti; in nessun luogo pubblico o aperto al pubblico può essere vietato l'accesso ai minorati; in tutti i luoghi dove si svolgono pubbliche manifestazioni o spettacoli, che saranno in futuro edificati, dovrà essere previsto e riservato uno spazio agli invalidi in carrozzella; gli alloggi situati nei piani terreni dei caseggiati dell'edilizia economica e popolare dovranno essere assegnati per precedenza agli invalidi che hanno difficoltà di deambulazione qualora ne facciano richiesta.
Le norme di attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo saranno emanate, con decreto del Presidente della Repubblica su proposta dei Ministri competenti, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge”.

 

Decreto Presidente della Repubblica n. 384, del 27 aprile 1978. “Regolamento concernente norme di attuazione dell’art. 27 della legge 30 marzo 1971, n.118 a favore degli invalidi civili in materia di barriere architettoniche e di trasporti pubblici”.

A sette anni dalla Legge n. 118/71 viene approvato il DPR n. 384/78 che deriva da una proposta del Ministero dell’Interno concertata con altri dicasteri (sanità, istruzione, lavoro, trasporti, turismo, e lavori pubblici). Il Decreto deve essere applicato agli edifici pubblici di carattere collettivo e sociale “aventi interesse amministrativo, culturale, giudiziario, economico, sanitario e comunque edifici in cui si svolgono attività comunitarie o nei quali vengono prestati servizi di interesse generale”, sia di nuova costruzione che esistenti.

Il regolamento attuativo, riprende la Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 4809, del 1968, ma individua degli standard dimensionali precisi (eliminando la discrezionalità che aveva portato all’inadempienza della norma) per percorsi pedonali, parcheggi, soste, accessi, piattaforme di distribuzione, scale, rampe, corridoi, porte, pavimenti, locali igienici, ascensori, apparecchi di comando e di segnalazione.
Viene previsto un contrassegno speciale con il simbolo dell’accessibilità che raffigura una persona in sedia a rotelle. Tratta inoltre delle tipologie abitative, degli edifici scolastici e dei servizi speciali di pubblica utilità (tramvie, filovie, autobus, metropolitane, treni, stazioni, ferrovie, servizi di navigazione marittima nazionale, servizi di navigazione interna, aerostazioni, servizi per i viaggiatori in transito nelle stazioni aeroportuali e di metropolitane, impianti telefonici pubblici, sale e luoghi per riunioni e spettacoli).

Il DPR 384/78 presenta molte lacune; per esempio non vengono predisposti organismi di controllo e per gli inadempienti non sono previste sanzioni, non si considerano le persone con problemi di vista e di udito, si tralasciano gli interventi negli edifici privati e nei luoghi di lavoro.
Nonostante le mancanze, i riferimenti dimensionali troppo rigidi e difficili da applicare in caso di ristrutturazione di edifici pubblici esistenti, il DPR 384/78 è stato per lungo tempo la normativa tecnica di riferimento, fino all’abrogazione con l’entrata in vigore del DPR 503/96.

 

Legge n.41, del 28 febbraio 1986; “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Stato”.

La Legge Finanziaria per il 1986 mette in evidenza come, nel decennio precedente, le norme per il superamento delle barriere architettoniche siano state completamente disattese, non solo da parte dei privati cittadini ma anche da parte degli Enti Pubblici stessi. La mancanza di controlli da parte di questi ultimi ha inficiato il valore del DPR 384/78 e si cerca adesso di rimediare e rimettersi al passo.

Nei commi 20-25 dell’articolo 32 si tratta l’argomento delle barriere architettoniche. La Legge 41/86 impone che tutti i progetti di nuove costruzioni o di ristrutturazioni di edifici pubblici siano conformi al DPR 384/78; in caso contrario lo Stato e gli Enti Pubblici non possono erogare contributi o agevolazioni economiche.

Inoltre sono previsti finanziamenti per le ristrutturazioni mirate all’eliminazione delle barriere e l’obbligo del rispetto del DPR 384/78 viene esteso anche a interventi effettuati da privati qualora questi usufruiscano di contributi o agevolazioni da parte di enti pubblici. Il comma 25 stabilisce l’accantonamento di alcune quote di bilancio per affrontare l’adeguamento degli edifici e del materiale rotabile dell’Ente Ferrovie dello Stato.

Entro un anno dall’entrata in vigore della Legge, negli edifici Pubblici esistenti non conformi al DPR 384/78, le Amministrazioni competenti devono applicare piani per l’eliminazione delle barriere architettoniche (PEBA), pena il commissariamento da parte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano.

L’adozione di questi piani, doveva configurarsi come una sistematica riconversione del patrimonio architettonico delle nostre città; il problema dell’accessibilità dell’esistente, è stato però affrontato solo sporadicamente e i commissari per l’adozione dei piani non sono stati quasi mai nominati.

 

Legge n. 13, del 9 gennaio 1989. “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”.

La Legge 13/89 rappresenta un passaggio importantissimo nella normativa italiana riguardante l'accessibilità, che finalmente va ad incidere sul settore dell'edilizia residenziale privata o pubblica sovvenzionata e agevolata. Se, infatti, il quadro normativo copriva da almeno un ventennio il settore pubblico, l'ambito delle abitazioni pubbliche e private risultava ancora libero dalle prescrizioni tecniche atte a garantirne la completa accessibilità anche all'utenza con limitazioni motorie o sensoriali.

Le disposizioni si rivolgono alle abitazioni di nuova costruzione e alla ristrutturazione dell'esistente e agli spazi esterni di pertinenza, con lo scopo di garantire contributi economici a fondo perduto, per sostenere gli interventi necessari a renderli accessibili ai portatori di handicap.

La più importante novità introdotta nel Codice Civile, riguarda le delibere condominiali per lavori di abbattimento delle barriere nelle parti comuni dell'edificio che non richiedono più l'assenso dei due terzi dei condomini, ma solo della metà. Inoltre ai disabili è concesso di realizzare, a proprie spese, gli interventi essenziali anche in opposizione al parere del condominio ed in deroga alle distanze previste dai regolamenti edilizi (in particolare per l'inserimento di ascensori e rampe).
I contributi economici previsti per questi interventi e per quelli all'interno delle singole unità abitative, sono stati erogati, purtroppo, in modo discontinuo e con tempi troppo dilatati.

Per la prima volta, sia in caso di ristrutturazione che di nuova costruzione, “è fatto obbligo di allegare al progetto la dichiarazione del professionista abilitato di conformità degli elaborati alle disposizioni adottate ai sensi della presente legge” (articolo 1,4) e, nonostante le barriere siano ancora considerate un ostacolo per i soli disabili in sedia a rotelle e non un limite per tutte le persone, si tratta di un elemento veramente importante. La Legge 13/89 demanda le "prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visibilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche" ad un successivo decreto emanato dal Ministero dei Lavori Pubblici (che sarà il DM 236/89).

 

Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici n. 236, del 14 giugno 1989. “Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visibilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche”.

Il Decreto di attuazione della Legge 13/89 rappresenta una delle normative tecniche italiane più innovative per quel che riguarda le barriere architettoniche, sia per come queste vengono definite, sia per come si individuano i livelli di accessibilità. Si cerca di eliminare il concetto restrittivo e negativo delle barriere architettoniche in quanto tutti gli edifici devono essere accessibili: non si pensa più ad edifici particolari per persone con problemi particolari. L'impostazione diventa più propositiva: i dati dimensionali indicati non sono indiscutibili. Si rivaluta l'importanza delle scelte progettuali e delle soluzioni tecniche previste per gli interventi. La verifica del progettista deve confermare il raggiungimento degli obiettivi richiesti.

 

Il Capo I individua come campo di applicazione:

  • edifici privati di nuova costruzione o soggetti a ristrutturazione, residenziali e non;
  • edilizia residenziale convenzionata e gli spazi esterni di pertinenza;
  • edilizia residenziale pubblica sovvenzionata ed agevolata di nuova costruzione o soggetta a ristrutturazione e gli spazi esterni di pertinenza.

La nuova definizione di barriere architettoniche rappresenta un cambiamento culturale radicale. Non si prevedono misure compensative per i soli disabili in quanto l’edilizia deve soddisfare le esigenze di accessibilità, sicurezza e confort, orientamento e riconoscibilità di tutte le persone.
Per barriere architettoniche si intendono:

  • gli ostacoli fisici che sono di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea;
  • gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di parti, attrezzature o componenti;
  • la mancanza di accorgimenti o segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo o per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi.

 

Nel Capo II sono fissati i “Criteri generali di progettazione”; l'accessibilità non è più considerata come un elemento discrezionale ma diventa un requisito di qualità, indispensabile anche in presenza di vincoli storico-artistici. Il livello di accessibilità richiesta determina la qualità del manufatto edilizio:

  • L’accessibilità esprime il più alto livello in quanto ne consente la totale fruizione nell’immediato: ogni parte dell'edificio e delle sue attrezzature può essere utilizzata da tutte le persone, comprese quelle con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, con facilità ed in sicurezza.
  • La visitabilità rappresenta un livello di accessibilità limitato ad una parte più o meno estesa dell’edificio o delle unità immobiliari, che consente anche alla persona con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di accedere agli spazi di relazione ed incontro (soggiorno e sala da pranzo), ai luoghi di lavoro e ai servizi igienici, nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta. Tutto ciò che non è accessibile, anche negli edifici visitabili, deve essere adattabile.
  • La adattabilità rappresenta un livello ridotto di qualità, potenzialmente suscettibile, per originaria previsione progettuale, di trasformazione in livello di accessibilità; l’adattabilità è, pertanto, un’accessibilità differita. Tutto ciò che non è accessibile, anche negli edifici visitabili, deve essere adattabile.

Definiti i tre livelli di qualità edilizia, il DM 236 elenca le diverse tipologie di edifici indicandone il grado di fruibilità richiesto, cioè se gli edifici devono essere accessibili, visitabili o adattabili. Ogni componente edilizio per essere considerato accessibile deve rispondere alle prescrizioni dell'Art. 4, nel quale non viene riportata nessuna misura ma solo indicazioni e concetti che permettono al progettista di trovare soluzioni alternative, comunque valide, in grado di soddisfare le prestazioni previste.
I requisiti per la visitabilità sono indicati dall’art. 5 mentre l'art. 6 riporta i criteri per l'adattabilità.

L'art. 7 (Capo III) chiama il professionista a certificare l'idoneità delle soluzioni proposte; la conformità deve comunque essere verificata dall'ufficio tecnico incaricato per ottenere il rilasci dell'autorizzazione o della concessione edilizia.

Il Capo IV, riporta le soluzioni tecniche alle prescrizioni dell'art. 4; si tratta di misure obbligatorie ma non rigide in quanto il progettista può elaborare soluzioni differenti, purché garantiscano l'accessibilità. Rispetto al DPR 384/78 che imponeva degli standard fissi, viene lasciato un certo margine di discrezionalità.

Al Capo V si trovano le indicazioni riguardanti gli elaborati tecnici e le verifiche richieste.
Il Decreto si propone di recepire suggerimenti e soluzioni provenienti da Enti locali, professionisti, Università, per garantire un continuo e costante avanzamento delle conoscenze socio-culturali e tecniche.

 

Legge n. 104, del 5 febbraio 1992. “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”.

La Legge 104/92, nota come legge quadro sull’handicap, nasce dalla necessità di superare la Legge 118/71 che non aveva risolto il problema dell'emarginazione delle persone con disabilità; ma nei trent'anni trascorsi tra l'una e l'altra, la proposta di legge ha subito numerose trasformazioni perdendo parte del significato che aveva in origine. Ciò nonostante, risultano evidenti le implicazioni dell'architettura, del territorio e della tecnologia nell'ambito della integrazione sociale, lavorativa, scolastica delle persone disabili.

La finalità della normativa è quella di eliminare le condizioni invalidanti per le persone disabili e il campo di applicazione viene esteso a tutti gli edifici pubblici o privati aperti al pubblico, anche se di carattere temporaneo. In caso di cambio di destinazione funzionale (se finalizzata all'uso pubblico) se ne deve verificare l'accessibilità. La legge riguarda tra le altre cose anche: gli spazi urbani, in particolare per l'individuazione e la realizzazione di percorsi accessibili e sicuri, con una segnaletica acustico-visiva adeguatamente installata; la viabilità, la segnaletica stradale e i mezzi di trasporto pubblico.

Alcuni articoli affrontano anche ambiti connessi all’accessibilità e alla mobilità della persone disabili, in particolare il 23 (Rimozione di ostacoli per l’esercizio di attività sportive, turistiche e ricreative) e il 24 (Eliminazione o superamento delle barriere architettoniche).

L’art. 23 appura la necessità di rendere accessibili a tutti gli utenti le strutture sportive, gli impianti di balneazione, quelli autostradali, i servizi di trasporto collettivi, strutture ricettive ed annessi servizi turistici,le strutture edilizie e il parco rotabile dell'Ente Ferrovie dello Stato, una quota di alloggi di edilizia sovvenzionata e agevolata.

Nell'art. 24 viene affrontato il problema dell'accessibilità in edifici storici soggetti a vincolo e sede di servizi pubblici, offrendo la possibilità di eseguire opere provvisionali per il superamento delle barriere architettoniche.

Per quel che riguarda la comunicazione al Comun, questo deve avere allegata anche una dichiarazione di conformità alla normativa riguardante l'accessibilità; una volta verificato il progetto dall'ufficio tecnico incaricato dal comune viene rilasciata concessione o autorizzazione edilizia. Se le opere vengono realizzate rispettando le disposizione vigenti, si ottiene il certificato di agibilità e abitabilità, rilasciato dal Sindaco.
Vengono indicate anche le sanzioni previste in caso di inadempienza, quando cioè gli edifici non possono essere utilizzati da persone con disabilità e vengono dichiarati inabitabili e inagibili.

 

Decreto Legislativo n. 626, del 19 settembre 1994. “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE riguardanti ill miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro”

Il Decreto Legislativo 626/94 rappresenta il recepimento delle normative europee riguardanti la sicurezza dei luoghi di lavoro, ma non si tratta della prima norma che pone dei vincoli alle barriere architettoniche in questi ambienti: già il DPR 384/78, la Legge 13/89, il DPR 236/89 e la Legge 104/92 richiedevano l'accessibilità per edifici pubblici e privati, di nuova costruzione o in caso di ristrutturazione.

In ogni caso, nell'art.30, viene ribadita la necessità di rimuovere le barriere architettoniche in quanto rappresentano una limitazione alla sicurezza delle persone: “I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori di handicap. L’obbligo vige, in particolare, per le porte, le vie di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati o occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap”.

Non si prevede l'applicazione di questa disposizione ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993, i quali devono comunque consentire la mobilità e l’utilizzazione dei servizi igienici. La scelta di non riferirsi alla data di costruzione dell'edificio comporta l'applicazione di tutte le prescrizioni relative all'accessibilità, nel momento in cui si decide di avviare una attività in un edificio esistente.

 

Decreto Presidente della Repubblica n. 503, del 24 luglio 1996. “Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici”.

Viene emanato con l’obiettivo principale di uniformare la normativa per gli edifici pubblici, con quella per gli edifici privati (DM 236/89). Per quasi un decennio in Italia si potevano riscontrare delle situazioni abbastanza contraddittorie in quanto lo stesso tipo di edificio a seconda che il proprietario fosse un ente pubblico o un privato, sottostava a normative e prescrizioni tecniche differenti (es. i percorsi orizzontali nelle strutture pubbliche dovevano essere previsti da 150 cm mentre in quelle private da 100 cm oppure i percorsi esterni larghi o 150 cm o 90 cm). Già la legge quadro sull’handicap (Legge 104/92) doveva rappresentare una soluzione a questo problema, uniformando le prescrizioni per tutti gli edifici ad uso pubblico.

Nel titolo I, vengono definite le barriere architettoniche, rifacendosi al DM 236/89, e il campo di applicazione: qualsiasi tipo di intervento, nuova costruzione o ristrutturazione, eseguito su edifici e spazi volto all’uso pubblico; servizi di pubblica utilità (tramvie, linee automobilistiche, metropolitane, ferrovie, etc.).
Una novità introdotta dal decreto riguarda l'accessibilità condizionata: gli edifici dell'Amministrazione pubblica, in attesa dell'adeguamento per la rimozione delle barriere architettoniche, si devono dotare di un sistema di assistenza delle persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, che permetta la fruizione e l'espletamento delle funzioni ivi svolte.
Per segnalare edifici, attrezzature e mezzi di trasporto che rispettano le norme per l'abbattimento delle barriere, viene ripreso il Simbolo Internazionale di accessibilità.

Il titolo II manifesta l'importanza della pianificazione urbanistica nella scelta delle aree da destinare a servizi pubblici, sempre tenendo conto che tutti gli spazi pubblici pedonalizzati devono essere dotati di almeno un percorso accessibile ai disabili, che consenta l'utilizzo di tutti i servizi. Marciapiedi, rampe, attraversamenti pedonali, servizi igienici pubblici etc. devono tenere conto gli standard di accessibilità indicati nel DM 236/89.

Il titolo III entra nel merito della struttura edilizia introducendo nel mondo degli edifici pubblici gli standards di accessibilità derivati da quelli degli edifici privati (i rimandi al D.M. 236/89 sono continui).

L’oggetto del titolo IV sono le procedure, le deroghe ed gli edifici sottoposti a vincolo: in caso di appurata impossibilità tecnica, la realizzazione delle opere per il superamento delle barriere può avvenire tramite opere provvisionali. Negli elaborati tecnici redatti dal progettista devono mostrare chiaramente le soluzioni e gli accorgimenti previsti per garantire l'accessibilità. Inoltre deve essere presentata una dichiarazione di conformità firmata dal professionista.

Il titolo V tratta gli edifici scolastici, mentre il titolo VI tutti i servizi di pubblica utilità (linee automobilistiche, metropolitane, ferrovie, servizi di navigazione marittima, aerostazioni, ecc.).

Con l’emanazione del D.P.R. 503 del 1996, il D.P.R. 384 del 1978 viene abrogato. Va notato il fatto che comunque resta vigente la Legge n. 118 del 1971 e la Circolare Ministeriale n. 4809 del 1968.

 

Decreto Presidente della Repubblica n. 380, del 6 giugno 2001. “Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamenti in materia edilizia”.

Il testo unico del 2001, tratta i problemi dell’accessibilità nel Capo III “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati, pubblici e privati aperti al pubblico”. Il documento si rifà interamente alla normativa precedente, in particolare al DM 236/89, alla Legge 13/89 e al D.P.R. 503/96.

 

Normativa Regione Veneto

Legge Regionale n. 45, del 30 aprile 1985. “Norma per favorire l’abolizione delle barriere architettoniche” Abrogata dall’art. 23 della L.R. 30 agosto 1993, n. 41.

Legge Regionale n. 4, del 30 agosto 1993. "Norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche e per favorire la vita di relazione". Abrogata dall’art. 28 della L.R. 12 luglio 2007, n. 16.

Legge Regionale n. 16, del 12 luglio 2007. “Disposizioni generali in materia di eliminazione delle barriere architettoniche”.

Decreto Giunta Regionale Veneto n. 1428, del 06 settembre 2011. “Aggiornamento delle Prescrizioni Tecniche atte a garantire la frizione degli edifici residenziali privati, degli edifici residenziali pubblici e degli edifici e spazi privati aperti al pubblico”.