AbitAbile

Introduzione

La stesura di un Manuale o di una Legge deve necessariamente sintetizzare le differenti caratteristiche di ogni individuo, in una astratta figura antropomorfa in varie posizioni, circondata da misure “standard”. La rappresentazione bidimensionale generalmente utilizzata, accentua ancor di più questa semplificazione.
Pur considerando indispensabile il ruolo svolto dalla Normativa e dalla Manualistica tecnica, bisogna tener presente che un buon progetto e un buon edificio, per essere tale, deve offrire a chi lo vive determinate opportunità e siamo convinti che il benessere di una persona dipenda in buona parte dal benessere che l'abitazione gli consente.

La progettazione non deve quindi limitarsi al rispetto delle Norme, ma deve portare al centro del suo iter la persona, per passare dall'uomo codificato dalle regole (normodotato o diversamente abile che sia), sempre identico a se stesso in ogni angolo del mondo, all'individuo con le sue aspettative, i suoi limiti e le differenze che lo caratterizzano. Il confronto con la persona deve cominciare a monte della realizzazione: come più volte riportato nelle pagine che seguono, le indicazioni dimensionali devono sempre essere verificate con e sull’utente che vive la casa.

Il progettista è quel professionista capace di comprendere e rispondere con un progetto valido ai bisogni abitativi delle persone. Il “bravo” progettista invece è colui che nella “diversità” riconosce un valore aggiunto e non un limite alle scelte progettuali. Questo modo di progettare è un work in progress nel quale si sperimentano delle soluzioni cercando sempre di migliorarle.

 

Dati Istat sulla disabilità in Italia

Nel “Rapporto sull'inclusione sociale delle persone con limitazioni dell'autonomia personale” del 2012, l'Istat ha individuato in Italia, poco meno di 4 milioni di persone con limitazioni funzionali; la metà di queste presenta disfunzioni molto gravi.
Per quasi 3 milioni di italiani risulta molto difficile svolgere banali attività quotidiane, come alzarsi dal letto, sedersi, vestirsi, farsi la doccia: in larga parte sono anziani tra i 65 e gli 87 anni (75,3 %).

Emerge inoltre che:

  • più di 600 mila persone hanno vissuto una forte riduzione dell'autonomia
  • quasi il 70 % del totale presenta difficoltà nella mobilità e nella locomozione
  • le persone con limitazioni sensoriali, difficoltà di vista, udito o parola, sono il 57,6%
  • gli uomini perdono più frequentemente l'autonomia da giovani o adulti (19,5 % contro il 9,7 % tra le donne della stessa fascia di età)
  • quasi i due terzi delle persone con problemi di salute mentale, tra 18 e 87 anni, non hanno autonomia nell'occuparsi delle attività domestiche

La famiglia è il nucleo fondamentale che sostiene i diversamente abili: i giovani con limitazioni funzionali di età compresa tra 11 e 34 anni difficilmente riescono a lasciare i genitori (il 92,2 % delle persone disabili rimane in casa contro il 67,8 % della popolazione generale). Anche i 20 % degli anziani viene riaccolto in famiglia per la necessaria assistenza.
L’assistenza sanitaria a domicilio sostiene circa 750 mila persone, soprattutto con limitazioni gravi (29,9 %) e gli anziani (23,1 %).

Da quanto riportano questi dati, risulta evidente che una abitazione accessibile, progettata per le esigenze reali degli utenti, contribuisce a migliorare le condizioni di autonomia delle persone ed a semplificare le azioni svolte dagli operatori sanitari. Sempre secondo i dati sul livello di inclusione sociale, però, il 38,4% delle persone con limitazioni funzionali ha difficoltà ad accedere agli edifici per mancanza di supporti o assistenza, il 25,3% non riesce ad uscire di casa quando vorrebbe per motivi di salute.

 

Gli anziani

È preoccupante pensare che circa l'80% della popolazione vive in alloggi inadeguati o inaccessibili, che non soddisfano i requisiti di confort, funzionalità, sicurezza, bellezza, richiesti da chi li abita, specialmente nel caso degli anziani e dei disabili. Gli edifici senza barriere sono ancora troppo pochi e molto spesso abitati da persone senza alcuna difficoltà fisica mentre i nostri anziani vivono in edifici acquistati quando erano giovani in assenza di norme che garantissero l’accessibilità.

Talvolta per gli anziani, uscire da casa, in mancanza di un ascensore adatto, o di un accompagnatore capace, diventa impossibile. La mancanza di indipendenza può diventare troppo pesante, tanto che alcuni di loro perdono la voglia di uscire, riducendo via via i loro rapporti con il mondo esterno. In questo modo le barriere architettoniche diventano, purtroppo, barriere sociali.

L'invecchiamento è un processo inevitabile, che tutti dobbiamo affrontare. In ognuno di noi, il passare degli anni, modifica i bisogni, riduce le capacità fisiche o intellettive ed anche i valori dimensionali.
Considerando l'allungamento delle aspettative di vita (oggi in Italia gli anziani sono circa il 19 % della popolazione e le stime li prevedono al 25 % entro il prossimo decennio), capiamo come le abitazioni non riescano a soddisfare le mutevoli esigenze delle persone. L'adeguamento delle case per diversamente abili deve riguardare tutti gli ambienti e nonostante le leggi regionali prevedano contributi economici a questo scopo, i lavori sono sempre impegnativi; è bene quindi progettare gli spazi e le attrezzature in modo che eventuali adattamenti siano attuabili il più rapidamente possibile e senza sconvolgere il nostro modo di vivere. Molto spesso infatti, il fattore affettivo, i legami e i ricordi di gioventù, impediscono anche i più banali interventi (modificare, rimuovere, spostare arredi).

Quando abbiamo dei bambini in casa cerchiamo di prendere tutte le precauzioni possibili (paraspigoli in gomma, blocca cassetti, etc.), dobbiamo cercare di rendere sicure anche le case degli anziani. Per vivere in autonomia e sicurezza avremmo bisogno di una abitazione che nasca, che “cresca”, e che invecchi con noi.

 

Disabilità e caratteristiche di standard ampliato

Lo stereotipo del diversamente abile è la persona su sedia a rotelle (complice anche il simbolo internazionale dell'accessibilità) ma bisogna considerare che anche le caratteristiche antropometriche fisiche, sensoriali, cognitive e comunicative, o una disabilità temporanea possono portare ad una riduzione dell’autonomia.
Ci sono moltissimi tipi di disabilità, che si manifestano con sintomi differenti e che limitano le capacità nelle persone. Ribadendo che ogni problematica richiede un progetto a sè stante, per sviluppare un edificio accessibile, possiamo riprendere le quattro tipologie di disabilità proposte nel Fair Housing Act Design Manual realizzato dallo U. S. Department of Housing and Urban Development:

  • Disabilità motoria: alcune persone presentano delle difficoltà motorie che colpiscono l’andatura, mancano della coordinazione e del pieno utilizzo delle gambe e degli arti superiori. L’utilizzo di bastoni, stampelle, arti artificiali, deambulatori etc. compromettono molte attività oltre al camminare, come salire e scendere le scale, affrontare rampe troppo pendenti, raggiungere oggetti posti in alto, manipolare oggetti piccoli, rimanere in piedi per molto tempo. Gravi disabilità motorie costringono le persone a servirsi di sedia a rotelle manuale o elettrica e recentemente anche di particolari scooter a tre ruote, per i loro spostamenti. Sono i soggetti che risentono in modo più evidente le lacune di un progetto non accessibile (pendenze elevate, gradini, spazi di manovra angusti, superfici sconnesse, etc.). Le loro esigenze, per svolgere tutte le attività in autonomia e sicurezza, sono risolvibili “facilmente” nella fase progettuale ma diventano complicate e onerose negli edifici esistenti.
  • Disabilità visiva: questo tipo di disabilità si manifesta con mancanza totale o parziale della vista; molte persone riescono a distinguere i colori solo se nettamente contrastanti o riescono a leggere esclusivamente caratteri molto grandi. Una illuminazione calibrata diventa fondamentale per percepire l’ambiente e non risultare stancante o dolorosa per gli occhi. Molti disabili visivi sviluppano fortemente gli altri sensi (udito e tatto); grazie a questi e ad altri ausili, come un bastone o un cane guida, svolgono in autonomia le loro attività quotidiane.
  • Disabilità uditiva: la mancanza parziale dell’udito (presente spesso nelle persone anziane) può essere aiutata con particolari strumenti che captano e amplificano il suono; rumori di fondo disturbano la corretta percezione del suono. Questo tipo di problemi complica l’utilizzo di strumenti esclusivamente acustici (telefono, citofono, allarmi etc.) quindi si devono utilizzare anche sistemi visivi. Considerazioni simili si possono fare per le persone sorde, che utilizzano il linguaggio dei segni e si aiutano con il labiale dell’interlocutore: una buona illuminazione consente di vedere chiaramente il volto e le mani delle altre persone.
  • Disabilità cognitive, vecchiaia e malattie: la vecchiaia o le malattie (problemi cardiaci o respiratori, artrite o reumatismi, obesità, nanismo, etc.) possono ridurre la resistenza fisica e causare forti dolori durante lo svolgimento di alcune attività. Anche disabilità temporanee, come fratture, traumi o interventi chirurgici, condizionano l’utilizzo dell’edificio. Persone con difficoltà cognitive o di apprendimento hanno bisogno di segnali chiari e di oggetti di facile utilizzo.


Per avere una panoramica più completa delle limitazioni funzionali da considerare nel progetto, possiamo fare riferimento alle Caratteristiche di Standard Ampliato elaborate da Del Zanna e HBgroup:

  • Persona più robusta o “grossa” rispetto alla media, per sovrappeso/obesità o in stato di gravidanza.
  • Persona più magra o gracile rispetto alla media, per motivi sia patologici o fisiologici.
  • Persona più alta rispetto alla media, per motivi genetici o patologici.
  • Persona più bassa rispetto alla media, per motivi genetici o patologici.
  • Persona che si affatica facilmente nello svolgere compiti che richiedono prolungato o intenso sforzo fisico, a causa di problemi cardiovascolari, circolatori o respiratori, invecchiamento, stato di gravidanza.
  • Persona con difficoltà nel raggiungere gli oggetti posti troppo in alto o in basso (troppo vicini al pavimento), posizionati a lato o frontalmente, a causa di limitazioni o malattie scheletro-muscolari che ostacolano la mobilità degli arti superiori, o impediscono la posizione eretta obbligando alla sedia a rotelle.
  • Persona con difficoltà nell'uso delle braccia, a causa di problemi alle articolazioni, fratture ossee, paralisi o amputazione, per ragioni patologiche o traumatiche, malattie neurologiche che richiedono coordinamento nel movimento degli arti superiori.
  • Persona con difficoltà nell'uso della mano (afferrare, stringere, manipolare oggetti o parte di essi), a causa di malattie o limitazioni fisiologiche o patologiche.
  • Persona con ridotta o completa mancanza di sensibilità al tocco (sia attivo che passivo), come le persone insensibili alla temperatura.
  • Persona con difficoltà nell'uso delle gambe, a causa di malattie, uso di protesi, limitazioni muscolari o scheletriche agli arti inferiori.
  • Persona che necessita di ausili per la mobilità, a causa di fratture ossee, paralisi o amputazione degli arti inferiori per ragioni patologiche o traumatiche. Persona che utilizza una carrozzina manuale, elettrica, con o senza assistenza.
  • Persona con un passeggino per bambini.
  • Persona con problemi di equilibrio, tremori, spasmi muscolari, per ragioni fisiologiche o patologiche, invecchiamento, epilessia, labirintite, problemi cardiovascolari.
  • Persona affetta da cecità o con problemi di vista, nell'ambito della circolazione oculare, del coordinamento, della percezione del colore, dell'acuità visiva, della limitazione del campo visivo.
  • Persona affetta da sordità, con difficoltà di udito o che utilizza apparecchi acustici.
  • Persona con difficoltà di comunicazione, nella produzione e nella ricezione di messaggi verbali, in forma scritta o orale, causate da patologie, traumi o ragioni culturali.
  • Persona con difficoltà di attenzione, concentrazione, problemi di memoria, difficoltà di orientamento nello spazio, causate da ragioni fisiologiche, patologiche o traumatiche.
  • Persona con difficoltà emotive significative e persistenti (euforia estrema o pessimismo, rabbia, sonnolenza, indecisione, mancanza di appetito, mancanza di sonno, ipocondria, fobie, pensieri ossessivi, disagio e malessere fisico, dolore, tensione muscolare, attacchi di panico, una perdita di interesse nei confronti della vita).

 

Incidenti domestici

Scardinare l’idea che l’accessibilità riguardi solamente le persone disabili, consente di migliorare la sicurezza e la vivibilità dell’ambiente domestico: ogni giorno gli spazi della casa vengono vissuti da uomini, donne, bambini e anziani, diversamente abili e non. Le persone con limitazioni funzionali possono più facilmente trovarsi in situazioni di pericolo, se l’abitazione non è stata adeguatamente ideata. Certamente non è piacevole da ricordare ma tutti noi possiamo diventare temporaneamente disabili per un incidente, per una operazione, etc.

Secondo le ultime indagini Istat, ogni anno in Italia si verificano 4,5 milioni di infortuni in ambito domestico, di cui 8000 con esito mortale (la gravità è ancora più evidente confrontandola agli incidenti sul lavoro, che ogni anno contano 800 morti). Le insidie della casa colpiscono soprattutto le persone anziane e, in particolare, le donne, coinvolte in ben 2,4 milioni di casi (su 4,5 milioni).

I luoghi più insidiosi della casa sono:

  • la cucina (con il 40 % degli incidenti),
  • il soggiorno (16 %), la camera da letto (14 %),
  • il bagno (10,5 %),
  • le scale (6,5 %).

Gli incidenti domestici più frequenti sono:

  • le cadute, prima causa dei decessi degli anziani (55%),
  • i tagli (17%),
  • gli urti e gli schiacciamenti (14%),
  • le ustioni termiche e chimiche (7%),
  • avvelenamenti, folgorazioni elettriche, soffocamento, e altro (7%).

 

Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici, 14 giugno 1989, n.236.

Le “Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche”, emanate dal Ministero dei Lavori Pubblici, identificano come barriere architettoniche:

  • gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque e in particolare di coloro che hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea;
  • gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di parti, attrezzature o componenti;
  • la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi.

Le stesse, individuano anche tre livelli di fruibilità dello spazio:

  • “Per accessibilità si intende la possibilità, anche per le persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l’edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia” (D.M. 14 giugno 1989, n. 236). Questi sono gli spazi di maggiore qualità perchè possono essere utilizzati totalmente, fin da subito; l’accessibilità deve essere verificata dal progettista dalla fase iniziale e non a posteriori, ad edificio realizzato.
  • “Per visitabilità si intende la possibilità, anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di accedere agli spazi di relazione e ad almeno un servizio igienico di ogni unità immobiliare. Sono spazi di relazione gli spazi di soggiorno o pranzo dell'alloggio e quelli dei luoghi di lavoro, servizio ed incontro, nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta” (D.M. 14 giugno 1989, n. 236). In questo caso l’accessibilità è ridotta ma consente a chiunque di raggiungere le funzioni fondamentali.
  • “Per adattabilità si intende la possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito a costi limitati, allo scopo di renderlo completamente ed agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale” (D.M. 14 giugno 1989, n. 236). In questi spazi non viene garantita l’autonomia dei diversamente abili, ma sono pensati per essere portati alla massima accessibilità in un momento successivo.

L'accessibilità muta continuamente la sua definizione e se fino a qualche anno fa indicava solamente la prescrizione di dimensioni, pendenze e disposizioni spaziali, oggi sembra non essere più questa la sua principale accezione. Se prima la tendenza dei progettisti era quella di identificare come utente limite la persona in sedia a rotelle, semplificando l’accessibilità ad un problema di percorsi sufficientemente larghi, ora l'attenzione si sta spostando sempre più dall’edificio alle persone che lo abitano i cui problemi difficilmente si possono ricondurre a schemi e misure standard.

La progettazione accessibile ragiona fin da subito sull'accessibilità degli spazi che si andranno a realizzare, per renderli fruibili da tutti, differenziandosi quindi dagli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche che si apportano ad edifici esistenti non accessibili, per adeguarli alle esigenze degli utilizzatori.

 

La progettazione accessibile inclusiva

Dopo aver constatato i limiti del D.M. 14 giugno 1989, n. 236, che portavano alla realizzazione di progetti distinti “per normodotati” e “per diversamente abili”, talvolta accentuando la differenza che dovevano eliminare, si è cominciato a ragionare su progetti che potessero soddisfare il maggior numero possibile di persone.
Nei primi anni ’90, nei corsi tenuti presso lo IED (Istituto Europeo di Design), Gianfranco Salvemini e Gianni Arduini elaborano l'idea di “Progetto per l'Utenza Ampliata”. Lo stesso Arduini prima, e Giovanni Del Zanna poi, identificano i “punti base del progetto per l’Utenza Ampliata”:

  • Autonomia: è necessario assicurare a tutti i livelli, la possibilità di agire, in funzione delle caratteristiche dell’utenza, in modo autonomo, per dare a tutti la possibilità di esprimere le proprie capacità e potenzialità.
  • Compatibilità: con le caratteristiche dell’utente, a livello dimensionale, sensoriale, percettivo, prestazionale, comportamentale, in relazione non solo alle qualità fisiche (peso, forma, materiali, superfici) ma anche al suo contenuto informativo e semantico.
  • Adattabilità e flessibilità: è la possibilità che l’oggetto e l’ambiente possano essere adattati (in vari modi, anche con aggiunte specifiche, se necessario) alle esigenze dell’utente che variano a secondo dei soggetti, in base alle caratteristiche personali, o, nel tempo, in seguito ai cambiamenti che possono sopraggiungere.
  • Normalità d'immagine: superando la logica del sistema speciale, cioè la soluzione corretta sarà quella che risulta funzionale e che rappresenta un aspetto non solo estetico, d’accuratezza del progetto, ma anche di tipo psicologico e sociologico portando al superamento di situazioni discriminanti e di rifiuto.
  • Semplicità: più un oggetto è semplice (concettualmente nell’uso, nella percezione) e maggiore è l’utenza in grado di fruirne. Specie per gli oggetti tecnologici, sono da preferire le soluzioni essenziali, che assicurino un facile controllo del loro funzionamento, evitando stati di disagio che possono arrivare al netto rifiuto dell’oggetto. Le soluzioni semplici risultano essere preferibili in quanto a durata e facilità di manutenzione
  • Sicurezza e affidabilità: il prodotto deve essere garantito per durare nel tempo e deve assicurare sicurezza di funzionamento, specie quando l'utente delega al prodotto lo svolgimento di importanti funzioni per la sua vita. Un prodotto sicuro può essere utilizzato con tranquillità, certi che siano state eliminate all'origine le possibili cause di incidente (e quindi anche di potenziale disabilità). In particolare, per l'utente con disabilità risulta di primaria importanza che il prodotto possa essere mantenuto sotto controllo, eliminando stati di disagio che portano, in breve tempo, al rifiuto della soluzione proposta.
  • Buon rapporto qualità/prezzo: il prodotto finale deve garantire una buona qualità ad un prezzo accessibile.

 

I parametri dimensionali standard rappresentano un utile strumento di progettazione nella fase iniziale, ma risultano troppo riduttivi perchè ignorano le differenze tra le persone; riferirsi ad un utente astratto e ideale (uomo adulto, abile e sano), escludendo gli aspetti di tipo sensoriale o prestazionale, si allontana dalla condizione reale.

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D’altro canto, anche considerare la persona in carrozzina come l’utente limite non corrisponde sempre alla realtà e i progetti per le disabilità con soluzioni troppo specializzate tornano ad enfatizzare le differenze (disabili contro normodotati).

 

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Alcune considerazioni importanti si possono ricavare da un passaggio della Dichiarazione di Stoccolma dell’EIDD (approvata il 9 maggio 2004): “Design for All è il design per la diversità umana, l’inclusione sociale e l’uguaglianza. Questo approccio olistico ed innovativo costituisce una sfida creativa ed etica ad ogni designer, progettista, imprenditore, amministratore pubblico e leader politico. 

Lo scopo del Design for All è facilitare per tutti le pari opportunità di partecipazione in ogni aspetto della società. Per realizzare lo scopo, l’ambiente costruito, gli oggetti quotidiani, i servizi, la cultura e le informazioni - in breve ogni cosa progettata e realizzata da persone perché altri la utilizzino - deve essere accessibile, comoda da usare per ognuno nella società e capace di rispondere all’evoluzione della diversità umana. La pratica del Design for All fa uso cosciente dell’analisi dei bisogni e delle aspirazioni umane ed esige il coinvolgimento degli utenti finali in ogni fase del processo progettuale”.

La cultura dell'integrazione deve partire proprio dall'ambiente abitato, perchè tutti gli edifici siano progettati in modo tale che qualsiasi persona possa utilizzarli senza discriminazioni. Tutti devono sentirsi a proprio agio nella loro casa. Non si tratta quindi, solo di pensare a come rimuovere gli ostacoli, quanto di modificare il tradizionale modus operandi del progettista, in una continua ricerca incentrata sui soggetti reali.
Per quanto possibile l’idea che ci si deve prefiggere, è quella di considerare le esigenze di tutti, senza suddivisioni tra gli utilizzatori, valorizzando la complessità umana. Progettare per l’autonomia delle persone con difficoltà costringe a confrontarsi da subito con l’utenza reale, estremamente diversificata.
È evidente che nelle situazioni più complesse, quando ci si confronta con gravi disabilità, sono necessari ausili e progetti specifici.

Le prime domande da porsi devono essere di questo tipo:
Per chi sto progettando?
Qual'è il livello di mobilità dell'utente? Necessita di ausili o di carrozzina?
Che problemi incontra generalmente l'utente e quali sono le sue esigenze?
Le esigenze dell’utente cambieranno nel tempo?
Gli interventi per determinate disabilità sono incompatibili con l'uso da parte di altri utenti?

L'accessibilità si deve costruire attorno alle condizioni di ogni singolo soggetto, consapevoli che, per potenziarne l'autonomia, non esiste una soluzione standard valida per tutti, ma questa va trovata, tra le molte alternative possibili, valutando di volta in volta quella più adatta alla persona che abbiamo di fronte.

In un buon progetto i fattori estetici, economici, funzionali, etici, devono camminare assieme per rendere l’edificio adatto alla maggior parte delle persone cercando di livellare le differenze (molto spesso più psicologiche che fisiche) e diventando vero manifesto di uguaglianza sociale. Progettare in questi termini richiede soprattutto la pazienza di riflettere e di confrontarsi, passando dagli aspetti tecnici a quelli umani e viceversa.